Montagne e Chimere
Un esperimento di alpinismo vintage all'ombra della Specola
"Fenomeno NordEst" è metafora di
un'espansione silenziosa e testarda prima, che diventa poi protesta con
toni anche clamorosi e che infine si avvia verso una sorta di distacco
critico, a volte cinico e pragmatico, ma non avulso da un desiderio
orgoglioso e quasi romantico di recupero della qualità della vita legata
al territorio e alle tradizioni.
E se esistesse una specie di fenomeno NordEst anche in alpinismo?
Forse. Se esiste, Padova potrebbe esserne uno dei centri motore.
Forse. Se esiste, Padova potrebbe esserne uno dei centri motore.
Chi segue le cronache alpinistiche avrà forse
notato il risalto che negli ultimi anni hanno avuto alcune prime
ripetizioni di vie dolomitiche altrimenti sconosciute ai più: temute vie
di Franco Miotto sui paretoni di Pelmo, Col Nudo, Burel, che
aspettavano da venticinque o trent'anni qualcuno che le ripercorresse, e
vie come Terapia d'urto al guanaco alla Su Alto, o Nuvole Barocche ed
Eliana sulla Nord Ovest della Civetta, più recenti, ma di cui poco si
sapeva.
Tutte vie che hanno in comune le difficoltà
molto elevate e il carisma degli apritori, aperte con parsimonia di
materiale, su roccia a volte tutt'altro che marmorea e pareti a volte
repulsive..
Tra i nomi dei protagonisti di questi exploit
di un alpinismo ormai fuori moda ce ne sono di ricorrenti: Alessio
Roverato, Alessandro Baù, Luca Matteraglia, Daniele Geremia... Tutti
padovani, tutti giovanissimi: ragazzi degli anni '80. Punte di diamante
di un movimento silenzioso ma vivace e numeroso, anche per merito
dell'attivissima scuola F.Piovan del Cai di Padova, che negli anni ha
visto molti ex-allievi diventare a loro volta istruttori nella scuola o
intraprendere la professione di guida alpina. Nell'agosto del 2007 i
quattro moschettieri succitati con Marco Spazzini, Francesco Marra e
Andrea Todesco hanno dato attuazione all'idea di costituire un gruppo
per fare e far parlare l'Alpinismo. Quello "vero", quello radicato nel
codice genetico dei dolomitisti, quello vintage, per l'appunto, dei
gradi estremi, con minimo uso di materiali ... Perché da un gruppo di
amici al bar è nato Le Chimere? Per dare forza e respiro a curiosità,
idee, sogni e farli diventare progetti prima e realizzazioni poi. Per
stabilire rapporti e collaborazioni con altri, gruppi e singoli
alpinisti, del presente e del passato, e farli conoscere e riscoprire.
Nel gruppo si entra, senza esami o
discriminazioni, solo ad invito però, su proposta di due membri
effettivi. L'ampliamento ha coinvolto Orietta Bonaldo, Giuliano Bressan,
Francesco Cappellari, Leri Zilio e Marco Simionato. Altri seguiranno,
perchè il bacino da cui attingere è insospettabilmente ricco. I nuovi
entrati, hanno sensibilmente alzato l'età media, ma, si spera, portato
anche quel bagaglio di pragmatismo disincantato cui si dà normalmente il
nome di esperienza.
Ora il gruppo ha una bella eterogeneità: guide alpine e aspiranti guide, istruttori CAI e membri del CAAI e della Commissione Materiali.
E l'esperienza spazia a 360°: alpinismo su roccia, cascate di ghiaccio, misto classico e moderno, alta montagna, scialpinismo e sci ripido, spedizioni extraeuropee, pubblicazioni e studi su aspetti tecnici, compilazione di guide, articoli e libri di montagna...
Ora il gruppo ha una bella eterogeneità: guide alpine e aspiranti guide, istruttori CAI e membri del CAAI e della Commissione Materiali.
E l'esperienza spazia a 360°: alpinismo su roccia, cascate di ghiaccio, misto classico e moderno, alta montagna, scialpinismo e sci ripido, spedizioni extraeuropee, pubblicazioni e studi su aspetti tecnici, compilazione di guide, articoli e libri di montagna...
Nessuna concorrenza o soprapposizione con
l'attività delle scuole di alpinismo, semmai un naturale affiancamento
che sia di riferimento ai giovani: dove la scuola finisce il suo ruolo e
si consolida l'autonomia alpinistica dell'individuo ecco che Le Chimere
possono e vogliono rappresentare un punto di aggregazione.
Centra l'esempio dei grandi gruppi del
passato e del presente: Scoiattoli, Bruti, Ragni, Catores...?
Sicuramente, ma facciamo parlare Alessandro Baù: "Nella mia testa l'idea
fondamentale alla base della formazione del gruppo è il fatto di non
limitarsi al proprio alpinismo. La condivisione di esperienze anche con
persone che lo praticano e lo pensano in modo diverso è fonte di
arricchimento.
Prendiamo ad esempio l'alpinismo invernale... i 5 di Valmadrera: settimane in parete, fregandosene del tempo, sempre avanti comunque, il team prima di tutto. Panciera e soci: vedevano l'evoluzione strettamente dipendente a velocità e leggerezza ma scendevano a dei compromessi, poco materiale sì, ma ovviamente le condizioni della parete devono essere prese in considerazione, allenamento, tanta testa e via. Anghileri e le sue solitarie: "forse" una via di mezzo tra i due modi opposti. Così l'alpinismo che intendo io non è ne l'uno ne l'altro, è quello che si sviluppa nella mia testa dopo la condivisione e la discussione…per questo il gruppo, per non fermarsi, per essere sempre dinamici e attivi…a mente aperta! Perché, a livello di stimoli e motivazioni, credo nella forza del gruppo!"
Prendiamo ad esempio l'alpinismo invernale... i 5 di Valmadrera: settimane in parete, fregandosene del tempo, sempre avanti comunque, il team prima di tutto. Panciera e soci: vedevano l'evoluzione strettamente dipendente a velocità e leggerezza ma scendevano a dei compromessi, poco materiale sì, ma ovviamente le condizioni della parete devono essere prese in considerazione, allenamento, tanta testa e via. Anghileri e le sue solitarie: "forse" una via di mezzo tra i due modi opposti. Così l'alpinismo che intendo io non è ne l'uno ne l'altro, è quello che si sviluppa nella mia testa dopo la condivisione e la discussione…per questo il gruppo, per non fermarsi, per essere sempre dinamici e attivi…a mente aperta! Perché, a livello di stimoli e motivazioni, credo nella forza del gruppo!"
[Orietta Bonaldo su ALP+ 255, 2009]
08/11/12